Autore: Roberto Dagani
Alea Edizioni: 2002
Pag: 128
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Manuale pratico di massaggio nella piccola traumatologia sportiva
Presentazione
Il testo, corredato da 80 foto e da 30 tavole anatomiche, propone, con una veste chiara e intuitiva, delle tecniche manuali, dinamiche e sicure, per il trattamento efficace della micro-traumatologia dei tessuti molli nello sportivo. I capitoli a carattere puramente pratico sono preceduti da una descrizione sulla conformazione dei tessuti connettivi e le interazioni tra il danno tessutale, l’infiammazione, e gli eventi riparativi, inoltre si accenna all’influenza che interventi esterni come la fisioterapia o i farmaci possono avere nell’approccio riabilitativo.
Indice
Introduzione 11
Capitolo I
Tessuto connettivo, flogosi e processi
riparativi NELL’ALLENAMENTO SPORTIVO 13
• Tessuti connettivi fibrosi 13
• Muscolo scheletrico 17
• Articolazioni 19
• Sistema propriocettivo 20
• Effetti della lesione 22
• Guarigione 25
• Fattori che influenzano il processo di guarigione 30
Capitolo II
La fisioterapia applicata
ai tessuti molli 33
• Tecniche fisiche 33
• Tecniche termiche 36
• Tecniche di fisioterapia strumentale 36
Capitolo III
La massoterapia nelle lesioni
dei tessuti molli 39
• Considerazioni generali 39
• Diagnosi 40
• La tecnica 41
• Modalità d’esecuzione 41
• Attrezzi del mestiere 43
• Suggerimenti utili 45
Capitolo IV
Bacino e arti inferiori 47
• Il cingolo pelvico 47
• Le anche 47
• Il ginocchio 61
• La caviglia 65
• Il piede 70
Capitolo V
Il rachide vertebrale 75
• Muscoli respiratori 80
• Sinergie muscolari del rachide cervicale 82
Capitolo VI
La spalla e gli arti superiori 89
• Muscoli rotatori interni della scapola 91
• Muscoli rotatori esterni della scapola 94
• Muscoli elevatori della scapola 94
• Muscoli per la flessione anteriore
del braccio sulla spalla 95
• La muscolatura periarticolare scapolo-omerale 100
• L’articolazione del gomito 103
• Il polso 107
• La mano 109
Capitolo VII
Periodizzazione e finalità
del massaggio sportivo 113
• Il massaggio pre-gara 113
• Il massaggio dopo gara 114
• Il massaggio defaticante 115
Glossario 117
Bibliografia 121
Introduzione
L’apparato locomotore di un atleta può essere colpito con una certa frequenza da eventi traumatici acuti e cronici. Questi ultimi agiscono con meccanismo cumulativo, interessando di volta in volta le strutture ossee, quelle articolari e periarticolari (i muscoli, i tendini e le loro inserzioni).
La patologia di queste formazioni anatomiche, che va sotto il nome di “micro traumatologia”, può risultare poco invalidante nel non atleta, ma può compromettere seriamente l’attività sportiva di un atleta agonista.
L’eziopatogenesi di tali lesioni è legata alla ripetizione di alcuni particolari movimenti tipici di un dato sport che, praticato a livello agonistico, richiede carichi di lavoro crescenti in modo direttamente proporzionale all’età. Tale metodologia espone gli atleti ad un rischio traumatico e ad usura notevole le strutture dell’apparato locomotore. In un quadro clinico che si compendia nel sintomo del dolore e nel riscontro obbiettivo della limitazione motoria articolare, dell’ipotrofia muscolare o dell’edema, la comprensione degli eventi e delle risposte a livello tessutale e cellulare è fondamentale sia nella valutazione sia nell’esecuzione del trattamento terapeutico.
Se lo studio di metodologie allenanti, che enfatizzino le prestazioni fisiche di un atleta, per esaltarne i risultati agonistici è di competenza dello staff tecnico (allenatori, preparatori atletici), l’approccio riabilitativo, visto come ripristino della funzione lesa, compete a tutti coloro che si dedicano e praticano la terapia fisica come metodica curativa: la massoterapia, branca della chinesiologia, ne è parte integrante.
Capitolo I
Tessuto connettivo, flogosi
e processi riparativi*
*(capitolo estratto integralmente dal libro “Lesioni dei tessuti molli in medicina dello sport” Lachmann S. Ed. Momento medico)
È particolarmente utile, nel trattamento delle lesioni dei tessuti molli, avere alcune conoscenze sulla struttura degli stessi e sui processi che si verificano durante la flogosi, i tempi e le dinamiche rigenerative dei tessuti.
1.1 Tessuti connettivi fibrosi
Questi tessuti sono costituiti da fibre collegate immerse in matrice amorfa e in sostanza basale: entrambi tali componenti vengono prodotti dai fibroblasti e qualche raro osteocita. Scarso è l’apporto ematico. Le fibre sono costituite da collagene di tipo I, il quale ha una notevole resistenza alla trazione. Questi elementi costituiscono le parti strutturalmente dominanti. La variazione nella disposizione delle fibre è alla base delle differenti strutture dei vari tessuti connettivi.
Legamenti – I legamenti si tendono da un osso all’altro, collegandoli. Essi sono costituiti, frequentemente, da un ispessimento della capsula articolare, oppure possono essere separati e disposti all’esterno della capsula stessa, come, ad esempio, i legamenti collaterali laterali del ginocchio, o i legamenti interspinosi della colonna vertebrale. I legamenti sono costituiti dai densi fasci di fibre collegate che decorrono in maniera approssimativamente parallela alle linee di trazione. Inoltre, i fasci di fibre si intersecano tra di loro quasi a formare una maglia (fig.1.1). Di solito, essi si presentano appiattiti e sono costituiti da un’insieme di lamine parallele ampiamente interconnesse. Il collagene è poco estensibile, ma alcuni legamenti contengono anche una discreta quantità di elastina che li rende talvolta relativamente elastici, come, ad esempio, i legamenti gialli della colonna vertebrale. Tra le fibre si possono osservare scarsi fibroblasti appiattiti. L’apporto ematico è assicurato da un circolo capillare costituito da sottili vasi disposti longitudinalmente.
Tendini – I tendini legano il muscolo all’osso (fig.1.2). Variano in lunghezza e si presentano, di solito, arrotondati in sezione trasversale. La struttura microscopica è simile ai legamenti tranne che per il fatto che le fibre sono disposte parallelamente. Sono molto robusti, essendo la resistenza alla trazione simile a quella delle ossa.
Guaine tendinee – In alcune regioni, laddove i tendini decorrono sull’osso, oppure al di sotto del retinacolo, o su bande legamentose, vi sono le guaine tendinee. Queste presentano due strati; l’esterno è costituito da tessuto connettivale collegato alle strutture circostanti, e l’interno è costituito da una guaina che avvolge e si attacca al tendine. Lo spazio tra le due guaine è, di norma, assai piccolo ed è occupato da un fluido ricco di acido ialuronico simile a quello del liquido sinoviale. Non si riscontra a tale livello una vera membrana sinoviale e le superfici sono largamente ricoperte da sostanza intercellulare nel contesto della quale si riscontrano solo rare cellule sinoviali. Questa particolare organizzazione strutturale riduce gli attriti e permette ai tendini di scivolare rispetto ai tessuti circostanti. Buoni esempi di ciò si osservano tra i tendini dei muscoli dell’avambraccio e i tessuti circostanti.
Borse – Le borse sono formazioni vescicolari site nel tessuto connettivo e contenenti, normalmente, solo una piccola quantità di liquido. Si dispongono laddove i tendini o i legamenti passano sopra le ossa o altre strutture, ed evitano l’attrito durante i movimenti. Un esempio di ciò è la borsa trocanterica che si dispone come un cuscino tra il tendine del grande e medio gluteo quando esso passa al di sopra del grande trocantere. Strutture simili sono presenti sotto la cute che sovrasta elementi ossei svolgendo uguali funzioni, come nel caso della borsa pre-rotulea. Quando sono colpite da processi irritativi in esse viene secreta una maggiore quantità di liquido e, gonfie di fluido essudatizio, si espandono nelle tasche tessutali.
Inserzione del tendine sul muscolo – Le fibre collagene divergono e circondano le estremità delle fibre muscolari e si confondono con le fibre collagene dell’epimisio (Fig.1.3).
Inserzione dei legamenti o dei tendini sull’osso – In questo caso le fibre collagene dei tendini e dei legamenti si introducono mescolandosi con le fibre collagene dense del periostio (fig.1.4).
Nel caso in cui le trazioni tendono a distaccare il periostio dall’osso, gli osteoblasti reagiscono depositando nuova matrice ossea che riempie tale spazio, facendo sì che si venga a sviluppare uno sperone osseo.
Inserzione dei legamenti e dei tendini alla cartilagine – Le fibre collagene si introducono nella compagine della cartilagine formando, nel sito d’inserzione, una zona di fibrocartilagine. File di condrociti sostituiscono i fibroblasti quali elementi cellulari (fig.1.5).
Durante l’accrescimento dell’osso e della cartilagine, si realizza un rimodellamento dei siti di inserzione dei legamenti e dei tendini tanto che l’attacco originario può essere, per così dire, “seppellito”.
Aponeurosi – Le aponeurosi sono larghi fogli appiattiti di fibre collagene mediante le quali i muscoli possono attaccarsi all’osso o alla fascia, ad esempio, la fascia lata della coscia oppure l’aponeurosi bicipitale dell’avambraccio.
Fascia profonda – La fascia è costituita da strati sottili di fibre collagene intrecciate.
Negli arti, la fascia profonda è ben sviluppata in forti membrane che circondano i muscoli. Queste formano una serie di compartimenti, le cui pareti danno origine a fibre muscolari (fig.1.6). Gli strati della fascia penetrano tra le masse muscolari e si inseriscono all’osso mediante le loro fibre che si continuano con quelle del periostio. Nelle mani e nei piedi la fascia profonda, particolarmente spessa, forma le aponeurosi palmare e plantare.
1.2 Muscolo scheletrico
Il muscolo scheletrico è un tipo di tessuto connettivo molto specializzato (fig.1.7).
Le fibre contrattili striate sono costituite da cellule di più di 40 cm. di lunghezza; esse contengono molti nuclei situati perifericamente e fibre di actina e miosina che sono gli elementi contrattili. Le fibre sono sostenute e legate insieme da tessuto connettivo fibroso. Infatti, una delicata trama di collagene circonda ogni singola fibra, l’endomisio. Queste unità sono raggruppate in fasci dal perimisio e questi, a loro volta, sono tenuti insieme dall’epimisio, una fascia connettivale che circonda l’intero muscolo e si connette intimamente con l’osso o il tendine all’origine e all’inserzione muscolare. L’epimisio presenta una superficie esterna liscia, il che significa che il muscolo può muoversi liberamente quando si contrae e si rilascia (fig.1.7).
Alcuni fibroblasti sono sparsi nel contesto del tessuto connettivo. Il muscolo ha un ricco letto vascolare che si ramifica attraverso i tessuti connettivali di sostegno, e fornisce ossigeno e sostanze nutritive alle fibre muscolari. I vasi si dilatano durante l’attività muscolare. I nervi motori portano impulsi efferenti che stimolano la contrazione muscolare. Ogni singolo motoneurone afferisce ad un numero di fibre distinte nel contesto del muscolo (unità motoria). Le unità motorie possono essere costituite solo da poche fibre muscolari o da un numero superiore, e ciò dipende dalla finezza del movimento controllato da quel muscolo. L’intensità della contrazione dipende dal numero di unità motorie che sono state attivate. Vi sono due tipi differenti di fibre muscolari scheletriche: quelle di tipo I (lente) e quelle di tipo II (veloci). Esse hanno enzimi e caratteristiche istologiche differenti. Per semplificare, le fibre di tipo I permettono le contrazioni lente e ripetitive necessarie al mantenimento della postura, mentre quelle di tipo II producono movimenti rapidi ma vanno incontro ad un più rapido affaticamento. La distribuzione dei due tipi di fibre nei vari muscoli si lega alle diverse funzioni degli stessi. L’effetto dell’allenamento si traduce in un aumento della massa muscolare, legato all’incremento di volume nelle singole fibre, e in una migliore funzione ottenuta mediante il reclutamento di un maggior numero di unità motorie. La perdita dello stimolo nervoso, lo scarso esercizio o la flogosi delle articolazioni adiacenti si traduce in ipotrofia muscolare.
1.3 Articolazioni
Nella fig.1.8 è rappresentata schematicamente un’articolazione sinoviale. Le superfici
articolari delle ossa sono ricoperte da cartilagine ialina, che si presenta sottile ed elastica.
L’articolazione è circondata da una capsula di fibre collagene e l’interno della capsula e le superfici ossee non articolari sono ricoperte dalla membrana sinoviale, le cui cellule secernono un liquido, detto appunto sinoviale, il quale a sua volta lubrifica le superfici articolari. In un’articolazione esente da processi patologici la quantità di questo liquido è scarsa. La capsula può presentare delle zone ispessite in corrispondenza dei legamenti, i quali però possono anche decorrere separati e all’esterno di essa. La capsula stessa, di solito, non è particolarmente robusta e sono i legamenti che mantengono le ossa in opposizione. I muscoli incrociano l’articolazione e, contraendosi, ne determinano il movimento. La capsula, la sinoviale e l’osso (ma non la cartilagine articolare) contengono terminazioni nervose sensitive. L’osso presenta un ricco apporto vascolare, mentre la cartilagine articolare non è vascolarizzata. Alcune articolazioni contengono strutture fibrocartilaginee le quali, unitamente alla diversa forma delle superfici ossee, influenzano i movimenti articolari, come ad esempio nel ginocchio e nell’articolazione temporo-mandibolare.
1.4 Sistema propriocettivo
Vi sono vari tipi di recettori a livello delle articolazioni, dei legamenti, dei tendini e dei muscoli che rispondono alle sollecitazioni meccaniche e ai vari movimenti; inoltre, agli impulsi che originano da questi recettori, si associano afferenze che originano da simili meccanocettori cutanei.
I fusi neuromuscolari sono situati nei muscoli (fig.1.9B), e sono costituiti da fibre muscolari modificate deputate a misurare la tensione. Le fibre nervose efferenti modificano il grado di contrazione delle fibre muscolari, facendo quindi variare il valore soglia. Le fibre nervose afferenti primarie misurano il grado e l’intensità dello stiramento muscolare, come anche le fibre nervose afferenti secondarie. Tali fibre afferenti realizzano un circuito con i riflessi spinali; infatti, un’improvvisa distensione del muscolo stimola i fusi neoromuscolari e causa una contrazione muscolare riflessa. Questo particolare tipo di contrazione viene chiamata in causa quando vengono stimolati i riflessi tendinei. I corpi del Golgi (fig.1.9B) sono stati trovati in corrispondenza della giunzione tra il muscolo e il tendine e all’interno dei legamenti. Sembra che abbiano il compito di misurare la tensione. I corpuscoli del Pacini sono presenti nel periostio, nelle membrane interossee, negli strati più profondi della capsula articolare e anche nel sottocutaneo (fig.1.9C). Questo tipo di recettore è costituito da lamelle concentriche multiple che contengono tra loro un fluido sotto pressione. Le terminazioni nervose rispondono alle modificazioni della pressione del liquido intra-lamellare, prodotte dalle vibrazioni o da una più grossolana stimolazione meccanica. Gli organi del Ruffini sono piccole strutture endocapsulate riscontrate nelle capsule articolari che sono stimolate dagli stress meccanici prodotti dal movimento (fig.1.9D). Infine, vi sono le terminazioni nervose libere intra-articolari situate nella capsula, nei cuscinetti adiposi, e nella sinoviale. Esse vengono stimolate dai movimenti eccessivi e dalla pressione, causando sensazioni dolorose.
Le unità fibrorecettoriali forniscono informazioni sia a livello conscio, circa la posizione ed il movimento in atto, sia a livello inconscio, stimolando i circuiti riflessi spinali, i quali modificano l’azione muscolare in rapporto al controllo posturale e prevengono deformazioni eccessive a carico delle articolazioni e dei tessuti. Il meccanismo è di eccezionale importanza e una sua alterazione determina una perdita del controllo posturale e della coordinazione dinamica muscolare. I recettori cessano di funzionare in presenza di flogosi o di prolungata immobilizzazione articolare e tale perdita di input afferenti conduce ad una profonda alterazione dei riflessi posturali, cosicché l’articolazione si rilascia, condizione nota come “instabilità funzionale”. Una situazione di questo tipo è particolarmente importante quando vengono interessate le articolazioni dell’arto inferiore, poiché in tale sede la postura viene mantenuta continuamente contro la forza di gravità. Nel caso che le lesioni interessino strutture circostanti l’articolazione, è di primaria importanza stimolare le terminazioni propriocettive già in una fase precoce del trattamento terapeutico. Ciò sembra prevenire l’atrofia delle terminazioni nervose, e, probabilmente, sembra fondamentale nel reclutare la funzione anche degli organi propriocettivi a riposo dei tessuti circostanti l’articolazione stessa.
1.5 Effetti della lesione
Nel caso la lesione sia causata da un trauma diretto, una torsione, una trazione o una frizione, l’effetto immediato è il danno degli elementi strutturali del tessuto, quali le fibre muscolari, collagene o elastina, accompagnato da una rottura di capillari, arteriole o venule. L’entità del sanguinamento dipende dalla vascolarizzazione del tessuto. Ad esempio, poiché il muscolo è molto più vascolarizzato dei tendini o dei legamenti, esso è particolarmente più soggetto ad intenso sanguinamento. Vi sono però anche altri fattori coinvolti in tale evento. Il flusso sanguigno muscolare varia notevolmente durante l’esercizio fisico a causa della dilatazione del letto capillare e di un aumento della pressione di perfusione. Anche l’età ha la sua rilevanza, dal momento che il sanguinamento è molto più profuso dai 35 anni in su, tanto che una piccola lacerazione, causata da un improvviso scatto, può determinare un’importante emorragia. Nelle articolazioni, la capsula e la sinoviale non sono particolarmente vascolarizzate, cosicché una rilevante emorragia intra-articolare può essere dovuta o ad una frattura encondrale oppure alla rottura di una struttura vascolare interna all’articolazione stessa.
È di rilevante importanza ridurre al minimo il sanguinamento nei tessuti dal momento che il sangue agisce come un fattore irritante e può incrementare l’intensità della flogosi; inoltre, gli elementi cellulari e la fibrina del sangue devono essere rimossi per favorire la risoluzione della lesione; infatti, quanto maggiore è la quantità di sangue stravasato, tanto più la risoluzione della lesione si verifica con ritardo.
Flogosi acuta – Il danno cellulare, tessutale e vascolare, qualsivoglia ne sia la causa, dà inizio alle reazioni dell’infiammazione acuta (fig.1.10).
Inizialmente, si verifica una transitoria costrizione articolare che è seguita da una vasodilatazione di arteriose e venule, che apre il letto capillare e causa una diffusa iperemia. Questa fase può ultimarsi in tempi compresi tra i dieci minuti e molte ore, essendo ciò in rapporto con l’estensione del danno tessutale. Il flusso sanguigno in tale area può incrementarsi fino a dieci volte rispetto a quello normale. Successivamente, il letto capillare diviene permeabile ai liquidi e alle macromolecole, poiché si formano soluzioni di continuo nella parete vascolare per la retrazione delle cellule endoteliali della membrana basale. La vasodilatazione, e la perdita di liquidi all’interno del tessuto, dà origine alla formazione di un essudato infiammatorio ricco di proteine. Allo stesso tempo, si verifica un rallentamento del flusso ematico ed i leucociti si dispongono sulla superficie interna del lume vascolare. Successivamente, essi migrano attivamente attraverso le pareti muscolari e nei tessuti richiamati da stimoli chemiotattici provenienti dalla regione interessata dal danno tessutale (fig.2.11).
Alla fine di questa fase, che può concludersi tra la 24a e la 48a ora, gli spazi extravascolari sono distesi da liquidi, fibrina e cellule derivate dalla reazione flogistica acuta. I vasi danneggiati dalla lesione primitiva vengono successivamente obliterati da tappi piastrinici e fibrinici, ma il sangue stravasato è ancora presente all’interno dei tessuti. Il letto capillare linfatico si presenta anch’esso dilatato dall’edema tessutale, e drena una certa parte del liquido extravascolare. Clinicamente, sono presenti, in tale fase, i segni cardinali della flogosi – calore, edema, rossore, dolore e perdita della funzione. Il calore, l’edema ed il rossore sono dovuti alle alterazioni vascolari e alla presenza di essudato infiammatorio; il dolore è causato dall’aumento della tensione tessutale e della presenza di sostanze farmacologicamente attive che stimolano le terminazioni nervose algiche. La perdita della funzione è legata in parte a riflessi di ordine nervoso e in parte all’edema e alla tensione tessutale che meccanicamente impediscono i movimenti. Questa complessa sequenza di eventi, che realizzano il quadro clinico della reazione flogistica acuta, ha un significato di vitale importanza, sebbene a prima vista possa sembrare dannosa. Essa, infatti localizza e diluisce sostanze potenzialmente dannose; mobilizza cellule fagocitarie nella sede del danno, con il compito di fagocitare detriti necrotici, facilitate nel movimento dal reticolo di fibrina formatosi negli spazi intercellulari; incrementa l’afflusso sanguigno locale in modo che ossigeno e sostanze nutritizie siano presenti in abbondanza, facilitando così i processi di risoluzione e riparazione.
1.6 Guarigione
Risoluzione- Dopo 24 – 48 ore, il processo flogistico acuto ha circoscritto il danno e ha mobilizzato una popolazione di cellule fagocitarie nella stessa sede. Infatti, polimorfonucleati e monoliti migrano in loco dal letto capillare, mentre istiociti giungono dai tessuti adiacenti. Il reticolo di fibrina nell’essudato fornisce un’impalcatura che migliora la fagocitosi da parte di queste cellule, le quali inglobano detriti cellulari e di altro genere, ed eventualmente anche lo stesso reticolo di fibrina. È presente anche fibronectina di derivazione plasmatici che potenzia l’attività dei macrofagi. Non appena le cellule detergono la sede dell’infiammazione, il fluido essudatizio viene riassorbito dai capillari ematici e linfatici. Nel caso vi sia stato un modesto danno strutturale, lo stadio della risoluzione determina un completo recupero funzionale.
Rigenerazione e riparazione – In tutti i casi in cui vi sia stato un danno tessutale, tuttavia, la risoluzione del processo flogistico esita in una perdita di sostanza che deve essere rimpiazzata dall’intervento di processi rigenerativi e riparativi. L’osso rigenera in maniera soddisfacente mediante la formazione di un callo osseo, ma il muscolo scheletrico ha, nei mammiferi, scarsa o nulla capacità rigenerativa. In questo caso la guarigione si realizza con la formazione di una cicatrice o di una zona di fibrosi. Tale formazione di cicatrici rappresenta la modalità di guarigione anche in altri tessuti connettivi. Il tessuto cicatriziale è formato da tessuto di granulazione, cioè, da una densa popolazione di fibroblasti provvisti di un ricco letto capillare. Dopo due giorni dalla lesione, sostanze chemiotattiche rilasciate dai macrofagi e dalle piastrine stimolano i fibroblasti inattivi del tessuto connettivo che migrano, così, nella sede della lesione e diventano attivi. Un aumento locale di acido ialuronico richiama acqua, aumenta la quantità di matrice intercellulare e facilita la migrazione cellulare. È presente, nel tessuto di granulazione, una forma insolubile di fibronectina che facilita l’adesione e la migrazione cellulare ed ha attività chemiotattica specifica per i fibroblasti. Inoltre con la fibrina realizza una temporanea impalcatura. Al terzo giorno, nuovi capillari si sviluppano dai vasi circostanti, crescono dentro l’area lesionale, ramificano, si anastomizzano e si canalizzano per formare una vera e propria rete capillare (fig.1.12).
Inizialmente questi vasi non posseggono una membrana basale e sono costituiti da cellule endotelitali prive di sostegno. A questo stadio, il letto capillare è molto fragile, va incontro facilmente a lacerazioni ed è soggetto ad emorragie. In questa stessa fase, esso è anche permeabile, cosicché polimorfonucleati, emazia e liquido ricco di proteine possono fuoriuscire liberamente. Dopo alcuni giorni, però, si sviluppa una membrana basale ed alcuni vasi si differenziano in arteriose e venule con una propria parete muscolare. I fibroblasti del tessuto di granulazione sono particolarmente attivi e producono fibre collagene e matrice ricca in proteoglicani. L’attività metabolica raggiunge il suo apice alla 7a giornata, e la perdita tessutale viene rapidamente sostituita. Dopo 20 giorni la quantità di collagene raggiunge il massimo. Tuttavia, questo tessuto cicatriziale nuovo altamente vascolarizzato, ha una scarsa resistenza alla trazione e può facilmente lacerarsi con conseguente emorragia profusa. Esso è anche riccamente innervato da terminazioni nervose sensitive ed è sensibile alla pressione e alla tensione.
Modificazioni di tale struttura si realizzano con la maturazione del tessuto cicatriziale. A 7 giorni dalla lesione, la continuità tessutale è ricostituita ma la resistenza alla trazione è virtualmente nulla. Essa aumenta gradualmente nei 120 giorni successivi fino ad un massimo dell’80-95% di quella del tessuto originale. Infatti, all’inizio i fibroblasti producono collagene di tipo III (reticolina) che è costituito da fibre sottili e molto deboli. Nel tempo questo viene sostituito da collagene di tipo I (fig.1.13).
Un aumento dei legami intermolecolari si realizza tra le fibrille collagene, accorciando la cicatrice. In risposta agli stress meccanici l’allineamento delle fibre viene rimodellato mediante lisi e risintesi, in modo tale che le fibre si dispongono parallelamente alla direzione delle forze principali. Nel caso il tessuto sia immobilizzato questo processo non si verifica e il collagene si dispone disordinatamente a fasci incrociati. Quando il tessuto cicatriziale si retrae viene a realizzarsi una cicatrice tesa e raggrinzita. A mano che esso matura perde la vascolarizzazione e la sensibilità.
Guarigione dei legamenti e dei tendini – Il tessuto cicatriziale maturo ha una struttura molto simile a questi tessuti e la guarigione dà buoni risultati. Una completa lacerazione di un legamento o di un tendine richiede l’immediato ricorso ad un chirurgo ortopedico, dal momento che può essere necessaria una sutura. In genere, sono necessari quattro mesi per la guarigione e il tendine acquisisce una resistenza alla trazione fino al 95% di quella originale. Tuttavia, la maggior parte delle lacerazioni dei legamenti è parziale, di modo che l’articolazione rimane stabile. Un recupero funzionale è molto più rapido se viene attuato un trattamento fisioterapico intensivo. Il tessuto cicatriziale richiede quattro mesi per raggiungere la sua maturità, ma una volta che il dolore e l’edema della reazione flogistica acuta si sono ridotti, le parti rimanenti, non danneggiate, del legamento possono sopportare una certa tensione ed i muscoli circostanti l’articolazione dovranno rinforzarsi per scaricare alcune forze dal legamento danneggiato. Talora, si rendono temporaneamente necessari una leggera benda articolare o un supporto. Una rapida mobilizzazione consente la formazione di una valida cicatrice lineare, previene un’atrofia riflessa dei muscoli attorno all’articolazione, e previene la perdita del controllo propriocettivo. Comunque, la mobilizzazione precoce deve essere effettuata con attenzione e sotto un’accurata supervisione. Infatti, se il tessuto cicatriziale viene eccessivamente stressato può lacerarsi, e causare ulteriori emorragie e flogosi. Ripetuti episodi di questo tipo evolvono in uno stiramento cronico con la formazione di tessuto fibroso in eccesso che si presenta granuloso e iperalgesico.
Guarigione di una lacerazione muscolare – Il tessuto cicatriziale maturo non è affatto simile al tessuto muscolare. Quest’ultimo è estensibile ed elastico mentre il tessuto cicatriziale è anelastico e, sebbene possa allungarsi per un certo tratto, se sottoposto a ripetute trazioni, esso tenderà, se immobilizzato, a retrarsi lentamente durante la maturazione. Se, nella compagine di un muscolo, si forma una cicatrice retraente insorgeranno fastidi ricorrenti. Infatti, quando il muscolo si allunga durante l’esercizio fisico, esso fa trazione sulla cicatrice, generando dolore ed una sensazione di tensione che può rendere meno valide le prestazioni atletiche. Ancora peggio, ogni cicatrice tesa è soggetta a lacerazioni determinando emorragie e flogosi con formazione di una quantità maggiore di tessuto cicatriziale e conseguente impotenza funzionale (stiramento cronico).
Una situazione del genere può essere prevenuta mediante una distensione graduale con leggeri esercizi durante il periodo di guarigione, in modo tale che la cicatrice si formi con fibre che siano parallele alle linee di trazione; un esercizio di distensione regolare e ripetuto determina, infatti, un allungamento delle fibre cicatriziali e favorisce la formazione di una cicatrice lassa piuttosto che retratta. Il tessuto cicatriziale mantiene la sua capacità di retrarsi per lunghi periodi, se non addirittura indefinitivamente, cosicché il soggetto deve essere informato sulla necessità di distendere e riscaldare opportunamente il muscolo precedentemente leso prima dell’esercizio fisico.
Entesopatia o mioentesite – La situazione è caratterizzata da una lacerazione delle fibre muscolari direttamente a livello dell’inserzione nel periosto, come si verifica, ad esempio, nella epicondilite laterale del gomito (gomito del tennista), dove l’origine dell’estensore comune si distacca parzialmente dall’epicondilo laterale dell’omero in seguito a ripetute e forzate estensioni del polso.
L’epicondilite mediale (gomito del giocatore di golf) è causata da ripetute e forzate flessioni del polso, che stressano l’origine del flessore comune. Un altro esempio è l’avulsione delle fibre superiori del grande adduttore dal ramo pubico causata da un’adduzione forzata della coscia. In tutti questi casi, la guarigione è lenta e la condizione patologica tende ad evolvere verso la cronicizzazione, dal momento che le forze che si scaricano sull’origine del muscolo sono particolarmente intense, e non esiste un modo soddisfacente per stimolare tali zone lese con opportuni esercizi mentre la cicatrice matura. Pertanto, il nuovo tessuto cicatriziale, tende ad essere eccessivamente stimolato e sanguina ripetutamente. Questa situazione conduce alla formazione di un nodo di tessuto flogistico cronico particolarmente dolente. In questo tipo di lesione è necessario assicurare un adeguato riposo affinché si realizzi un’opportuna guarigione.
1.7 Fattori che influenzano il processo di guarigione
Apporto ematico – Se la zona lesa ha uno scarso apporto ematico, il processo di guarigione viene ritardato. Misure volte a migliorare il flusso ematico locale favoriranno l’apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie necessari al tessuto di granulazione in intensa attività metabolica ed aumenteranno la velocità di formazione di un adeguato tessuto cicatriziale. Molte misure fisiokinesiterapiche sono indirizzate in tal senso, come ad esempio il trattamento con ghiaccio, o la terapia diatermia con onde corte o con ultrasuoni.
Infezioni – I batteri ritardano il processo di guarigione, ed ogni ferita infetta dovrebbe essere trattata con un’appropriata terapia antibiotica sistemica.
Carenze nutrizionali – In condizioni sperimentali, carenze di vitamina C, di aminoacidisolforati, di zinco interferiscono con la sintesi di collagene. Le fibre formate in tali condizioni sono atipiche e deboli; inoltre, i capillari del tessuto di granulazione non sviluppano una membrana basale, e perciò sanguinano con grande facilità. Tali carenze nutrizionali sono rare a determinarsi nei pazienti ricoverati in un reparto di traumatologia dello sport. A meno che non vi sia un accertato deficit da correggere, la somministrazione di vitamina C, zinco o metionina non hanno effetti sulla guarigione.
Glicocorticosteroidi – Elevate dosi di questi ormoni inibiscono i processi riparativi. Essi riducono l’attività dei polimorfonucleati e dei macrofagi nella reazione flogistica, ed hanno un effetto soppressivo sulla formazione di tessuto di granulazione, poiché inibiscono la migrazione e la proliferazione dei fibroblasti e la formazione di nuovi capillari. Essi non solo ritardano la formazione della cicatrice, ma quando questa si forma si presenta debole ed anormale. Per questo motivo, non vi è alcuna indicazione per la terapia con corticosteroidi di lesioni acute di muscoli, tendini o legamenti. Vi sono, tuttavia, alcune circostanze speciali in cui sono di grande aiuto nel trattamento delle lesioni acute dei tessuti molli. Essi, infatti, possono essere utilizzati, mediante infiltrazione locale, per sopprimere una flogosi acuta responsabile di dolore e limitazione funzionale; per esempio, nel caso di tenosinoviti e peritendiniti acute, borsiti e sinoviti, facendo particolare attenzione che localmente non sia presente un’infezione in atto.
L’iniezione di corticosteroidi può anche essere usata per sopprimere lo sviluppo di un tessuto infiammatorio cronico, come nel gomito del tennista, ove è presente un nodo palpabile di tessuto cicatriziale dolente. Molte di queste condizioni possono essere risolte con il riposo e con un’appropriata fisioterapia, ed ove sia possibile, tali misure devono essere applicate per prime, usando i corticosteroidi solo nel caso in cui le prime non diano i risultati attesi.
Inibitori delle sintetasi prostaglandiniche – Dopo 24-48 ore, buona parte del dolore legato ad una lesione dei tessuti molli è dovuta al rilascio locale di prostaglandine che contribuiscono inoltre anche alla vasodilatazione e all’edema locale. La somministrazione di inibitori della sintetasi prostaglandiniche (farmaci antinfiammatori non steroidei – FANS) allevia il dolore e l’edema senza rallentare o interferire con i processi di guarigione. Riducendo la sofferenza, essi permettono al paziente di effettuare anche un trattamento di mobilizzazione. Per tale motivo, questi farmaci sono particolarmente utili nel trattamento delle lesioni dei tessuti molli, ed una terapia di 7-10 giorni è di solito sufficiente.
Esercizio fisico – L’esercizio fisico locale a carico della regione lesa tende a rinforzare i muscoli agonisti, i quali a loro volta scaricano dalla sollecitazione eccessiva la strutture lese. Ciò assicura che la cicatrice sia regolarmente allungata durante la guarigione, in modo da formare fibre elastiche parallele alla direzione della trazione. L’esercizio fisico mantiene, inoltre, la mobilità articolare e l’equilibrio muscolare e previene la perdita dei riflessi propriocettivi. Tutti questi fattori contribuiscono ad una rapida e piena ripresa funzionale. Ogni tipo di esercizio deve essere effettuato sotto un’attenta supervisione, in modo tale che l’area danneggiata non sia né troppo stressata né troppo poco. L’esercizio fisico generale, inoltre, mantiene le normali condizioni cardiovascolari e respiratorie dell’individuo. Tali condizioni declinano rapidamente nel caso che l’esercizio regolare sia ridotto anche solo per pochi giorni. Ciò è di particolare importanza soprattutto negli atleti allenati nei quali in aggiunta a questi effetti fisici valutabili obbiettivamente, una forzata inattività provoca depressione psicologica e apatia. Per questo motivo, ove ciò sia possibile, deve essere incoraggiata qualsiasi forma di esercizio fisico alternativo nel periodo in cui l’atleta non può allenarsi normalmente. Il nuoto o il ciclismo (su strada o con cyclette da camera) sono spesso possibili anche con lesioni del tronco o dell’arto inferiore. Il fisioterapista deve prescrivere e supervisionare gli esercizi fisici locali e, solo dopo aver raggiunto la certezza che il paziente è definitivamente guarito, gli consentirà di riprendere l’allenamento specifico. È molto importante che, prima di ritornare al gioco o alle competizioni, l’atleta rincominci ad allenarsi metodicamente e raggiunga la piena idoneità fisica.
Autore
Roberto Dagani. Dottore in Scienze Motorie, massofisioterapista e massaggiatore sportivo svolge attività ambulatoriale libero professionale. Terapista personale di atleti olimpionici della nazionale italiana di nuoto e di triathlon, collabora con diverse società sportive a carattere locale. Relatore in occasione di stages e corsi di aggiornamento sul massaggio sportivo, Ë anche autore di articoli su riviste specialistiche.
Prodotto inserito in catalogo marted́ 24 marzo, 2009.